Ex Ilva, il piano di rilancio è nel gas

17.12.2020 – Il Sole 24 Ore
di DOMENICO PALMIOTTI

È nel gas e nell’uso del preridotto e nel forno elettrico, oltreché negli altri investimenti industriali e ambientali, il rilancio del siderurgico di Taranto. È uno dei punti evidenziati nell’audizione in commissione Attività produttive alla Camera, dall’amministratore delegato di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli. La manager interviene a pochi giorni dall’accordo tra ArcelorMittal e Invitalia che avvia il coinvestimento dello Stato nella società dell’acciaio.

C’è un piano scadenzato a cinque anni con 2,1 miliardi di investimenti di cui 300 milioni nel prossimo anno. Invitalia entrerà nel capitale col 50 per cento e salirà al 60 nel 2022, ma il piano, così come la partecipazione di Invitalia, puntualizza Morselli, sono soggetti “ad approvazione della Ue che stimiamo possa avvenire ad inizio 2021. Ci siamo dati come riferimento il 31 gennaio”. Ma c’è il rischio che da Bruxelles non arrivi il semaforo verde? “Non vediamo problemi all’autorizzazione – sostiene – nel caso non dovesse venire, c’è l’impegno a trovare un altro socio istituzionale in brevissimo tempo. È una cosa remota il fatto che non possa venire l’autorizzazione ma l’abbiamo comunque prevista”.

“Le istituzioni italiane – ribadisce l’ad circa un eventuale parere negativo della Ue – ci hanno detto che si troverà una soluzione”. E aggiunge: “Non è prevista l’uscita di ArcelorMittal dall’Italia anche nel caso remoto di mancata approvazione dell’accordo. ArcelorMittal è contenta di essere venuta in Italia, è soddisfatta del suo investimento, intende rimanere, non ci sono previsioni di uscita”.

Il 25% dai forni elettrici
Su come sarà l’Ilva del futuro, Morselli lo spiega così: “Il 25 per cento di produzione di acciaio primario verrà dai forni elettrici, il restante 75 dagli altiforni a ciclo integrale. A questo contribuirà l’altoforno 5, uno dei più grandi al mondo, che produrrà 4 milioni di tonnellate. Il suo rifacimento è previsto all’inizio del 2023 e rispetta il piano ambientale”. L’innovazione per Taranto sarà tuttavia costituita dall’uso del gas. “Tutti sappiamo che l’idrogeno è il futuro – afferma Morselli – e ci stiamo andando. Abbiamo accordi con grandi aziende italiane pubbliche che sono orientate in modo preciso su questo. L’idrogeno sarà quindi la destinazione finale, ma non può essere del prossimo anno o dei prossimi quattro-cinque”. Anche perché, aggiunge, l’idrogeno “è uno strumento complesso. Ne confermo la validità, ma ci vorrà ancora lavoro da fare. L’obiettivo è condiviso da ArcelorMittal”.

Confermato, come da accordo, che l’impianto del preridotto per il forno elettrico sarà esterno al siderurgico e farà capo a una società ad hoc. Per il costo del gas, dichiara Morselli, “nel nostro piano l’acquisto da parte dell’acciaieria avviene a condizioni di mercato. Quello che è il prezzo di mercato, pagherà l’acciaieria”.

L’ad si sofferma anche sulle condizioni che subordinano il closing all’operazione che segna il ritorno, dopo 25 anni, dello Stato nell’acciaio, ovvero il dissequestro degli impianti e l’assenza di altre condizioni limitative. “L’acquisto degli impianti – sostiene Morselli – non si può fare se gli impianti sono sequestrati. La condizione di revoca sequestro è una condizione legale. È così nei fatti, non si può fare altrimenti”. E sul resto dichiara che “ArcelorMittal non è coinvolta in nessuno dei procedimenti penali che riguardano questi impianti. Potrebbe però accadere che il dissequestro porti a qualche limite, a qualche condizionamento. Potremmo allora non procedere all’acquisto”.

Da 3,3 a 8 milioni di tonnellate
Il 2020, causa pandemia, si chiude male: Taranto produrrà appena 3,3 milioni di tonnellate, livello mai toccato. Ma ArcelorMittal vuole risalire e punta a 5 milioni l’anno prossimo. “La situazione del mercato -rileva Morselli – in questo momento ci conforta, anche perché risalire da 3,3 a 5 milioni di tonnellate in così poco tempo non sarebbe possibile. L’andamento è positivo. Confidiamo negli ordini. E quando il mercato si riprende, ci sono riflessi positivi anche sul prezzo.

Occupazione: “È previsto che il piano possa confermare nel 2025, con 8 milioni di tonnellate, il pieno impiego di tutti i dipendenti di ArcelorMittal Italia che sono 10.700. Non sono previsti esuberi strutturali ma che tutti i dipendenti entrino nella operatività ordinaria”. Nessun riferimento esplicito alla prevista cassa integrazione nella fase di transizione sino al 2025.

Morselli scarta infine la possibilità di acquistare bramme e coils dall’estero: “Non credo che abbiamo bisogno di comprare dall’estero. Penso che sia molto meglio produrre in Italia. La meccanica è potentissima, è la seconda in Europa, mi piacerebbe che fosse la prima. Chiedo scusa alla Germania ma in fondo i tedeschi ci copiano”. Mentre sulla ventilata chiusura dell’area a caldo, rivendicata da Taranto ma osteggiata dai sindacati, l’ad commenta: “ArceloMittal ha affittato impianti con queste caratteristiche e vi si attiene. Non si può cambiare l’assetto industriale che è stato affittato. Si può proteggere, tutelare, ma non chiedere ad un affittuario di cambiare quello che ha affittato”.

Approva la scelta del gas perché “è l’oggi mentre l’idrogeno è futuribile”, anche Federmanager ascoltata prima di Morselli. Federmanager tuttavia chiede che nel rilancio dell’ex Ilva di Taranto si segua il modello ponte Morandi a Genova. “Per realizzare il piano del Governo, occorreranno 36 mesi e un gruppo strutturato con specializzazioni impiantistiche di stabilimento. I progetti non si realizzano da soli. Servono competenze tecniche” rivendica Federmanager.

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